È fresco di stampa il libro degli Atti del convegno tenuto a Roma il 20 gennaio 2017:
 
 
 
ALESSANDRA CIATTINI (a cura di)
 
DALLA MAGIA ALLA STREGONERIA
CAMBIAMENTI SOCIALI E CULTURALI E “CACCIA ALLE STREGHE”
 
Napoli: La Città del Sole, 2019
ISBN 978-88-8292-453-9 – 15 euro (*)
 
Il volume contiene, tra gli altri, il contributo prodotto a quattro mani dal sottoscritto assieme al mai abbastanza compianto Francesco Polcaro, intitolato "GLI ASTRONOMI E LE STREGHE".
 
Una prima recensione del volume, apparsa sul sito Figure dell'immaginario, viene riprodotta più sotto.
Un'altra recensione, sotto forma di intervista alla curatrice, è apparsa su Le Monde Diplomatique ed. italiana di Novembre 2019.
 
La prima presentazione pubblica è prevista alla Università "La Sapienza" di Roma il 31 gennaio 2020 alle 16.30 con interventi di A. Sobrero (antropologo), E. Plebani (storica), E. Gagliasso (storica della scienza).
 
 
Andrea Martocchia
 
(*) Gli appassionati del genere possono rivolgersi a noi per avere una copia spedita a prezzo ridotto.
 

 

Alessandra Ciattini (a cura di), Dalla magia alla stregoneria. Cambiamenti sociali e culturali e la caccia alle streghe, Napoli, La Città del Sole, 2019

Recensione di Nicoletta Capotosti 

 

Si coglie in questa ricca raccolta di saggi l'ambizione di produrre uno sguardo ampio sul tema delle credenze e in particolare sui fenomeni della magia e della stregoneria.

Gli interventi spaziano dal contesto culturale dell'Europa rinascimentale, all'interno del quale l'astrologia e l'alchimia hanno svolto un ruolo centrale per la nascita della scienza moderna, fino all'analisi di normative appartenenti alla legislazione coloniale inglese, adottate e applicate nei casi di stregoneria.

I diversi autori possono così fornire risposte a quesiti anche disparati: quali siano i processi mentali sottesi al pensiero magico, come si sia modificato nel corso del tempo l'atteggiamento delle autorità censorie e quello di critici e interpreti, come la magia e la stregoneria siano presenti nelle credenze di contesti culturali diversi.

Ad introdurre i vari articoli è il saggio di A. Ciattini sulla credenza nel sovrannaturale (Riflessioni sulla persistenza della credenza nella dimensione sovrannaturale e sulle ragioni del suo abbandono ragioni della sua persistenza e su quelle del suo abbandono, pp. 27-48). Scopo dichiarato dello scritto è mostrare la natura interdisciplinare degli studi concernenti i sistemi di credenze. Il lavoro di Evans - Pritchard - riferimento irrinunciabile dell'antropologia novecentesca - lo è anche per altri ambiti di ricerca: sia Geoffrey  E.  R.  Lloyd  che Keith  Thomas, ad esempio lo citano pur essendo i loro interessi indirizzati rispettivamente alla nascita dell'atteggiamento scientifico nell'antica Grecia e alle trasformazioni dei sistemi di credenze nel passaggio tra Medioevo e Rinascimento.

Ricorrendo in particolare a Evans-Prichard, Tylor e Durkheim, Ciattini tratta dunque le nozioni di stregoneria e di magia delineando uno sfondo per gli altri interventi. Le credenze, adottando strategie difensive, sono auto-confermative, quindi resistenti a modificarsi. A supporto di questa impostazione si pone la già citata teoria di Lloyd sulla nascita del pensiero scientifico in Grecia. Quest'ultimo non si sarebbe affatto sostituito alla mentalità magica né si sarebbe diffuso nella gran parte della società. Analoga l'impostazione di Thomas il quale, indagando il ruolo della magia in epoca post-rinascimentale, sostiene che fu «l’abbandono della  magia  che  rese possibile  il  sorgere  della  tecnologia  e  non  viceversa».

Di estremo interesse è il secondo intervento (A. Colajanni, La stregoneria africana e il diritto coloniale britannico, pp. 49-66), dove l'autore mostra quali siano stati gli sviluppi dell'intento applicativo già presente, seppure solo in forma di monito, nello scritto di Evans Pritchard risalente al 1937. Tale slancio richiamerebbe "la possibilità che le conoscenze  specifiche  degli  antropologi possano esercitare una forte influenza (critica e operativa) nei confronti delle istituzioni  della  società  civile  coloniale" (p.51). In linea con un altro pregnante scritto dello stesso autore (Ricerca “pura” e ricerca “applicata”. Antropologia teoretica e antropologia applicativa. A un decennio dall’inizio del terzo millennio, «Dada rivista di antropologia post-globale», II 2014), nel quale si sostiene che l’antropologia - soprattutto internamente a programmi di sviluppo in contesti post-coloniali - dovrebbe accogliere la metodologia della ricerca-azione, viene sottolineata in queste pagine l’importanza della ricerca antropologica nella dimensione istituzionale.

Con lucidità e perizia, Colajanni analizza i lavori contenuti in un numero speciale della rivista Africa, edito nel 1935. Il confronto è tra antropologi e amministratori coloniali (esperti africanisti). Il dibattito - di cui l'autore ricostruisce le dinamiche - è definito chiaramente "mancato": quell'intento applicativo resterebbe cioè latente, non adeguatamente apprezzato dagli amministratori e forse sostenuto con poco vigore dagli stessi antropologi che pure ne avrebbero colto l'importanza.

Il monito che Evans-Pritchard aveva rivolto ad  amministratori,  missionari e medici occupati presso gli Azande - quello cioè di mostrare "prudenza e  cautela,  e  di  lasciare  che  siano  gli  africani  a  decidere tra  il  bene  e  il male,  tra  la  moralità  e  la  immoralità,  tra  ciò  che  è  giusto  e ciò  che  è sbagliato,  tra  l’attività  criminosa  e  l’attività  legale” - non ha avuto il giusto seguito.

La ragione dell'insuccesso sembra consistere nella mancanza di integrazione e convergenza tra  l'approccio giuridico, più incline alla dimensione pragmatica, e quello antropologico, connotato in termini etnografici e quindi orientato a "cogliere il punto di vista degli africani” (p.56), ma di fatto poco avvezzo a lavorare sui problemi giuridici  e  giudiziari.

Il declino del modello analitico proposto da Evans-Pritchard ha visto fiorire altri interessanti spunti di analisi. Chiudono il saggio alcune considerazioni su studi di pregio dedicati all'analisi del fenomeno stregoneria nell'Africa post-coloniale.

I due successivi articoli sono dedicati alla ricostruzione storica della legislazione in materia di magia e stregoneria, nell'Europa medievale, rinascimentale e moderna.

Federico Martino (La spirale della storia. Giuristi e streghe tra medioevo ed Età Moderna, pp.  67-106) mette in luce, in un’accuratissima analisi dei documenti ufficiali, come - ancora in epoca recente - fosse irrisolta la questione del perché la caccia verso chi praticasse la stregoneria e la magia abbia assunto la massima virulenza nei secoli del Rinascimento, agli esordi, cioè, della scienza moderna. Le  regole  giuridiche elaborate nei secoli XIII-XIV e giudicate razionali dall'autore sono state abbandonate proprio quando la società occidentale si avviava verso un  processo  di  laicizzazione  e  modernizzazione. L'ipotesi fatta da Martino è che "per  spiegare  ciò,  bisogna  guardare  al  Rinascimento  come  ad una cerniera tra Medio Evo ed Età Moderna, durante la quale molto  del  passato  è  entrato  in  crisi  senza  che  il  futuro  appaia  per  intero." (p.103).

La modernizzazione rinascimentale sarebbe cioè una "modernizzazione  senza  Modernità,  effetto  di  una  rivoluzione  passiva,  in cui la forma sociale storicamente superata – e colpita da una crisi strutturale irreversibile  – mantiene  ancora  potenzialità  evolutive  che le  consentono  di  dirigere  “dall’alto”  la  trasformazione  in  atto." (p.104)

Allo stesso periodo è dedicato l'articolo di M.R. De Simone (I giuristi e le streghe. Dalla Consitutio Criminalis Carolina alla Constitutio Criminalis Theresiana, pp.107 -140). Partendo dal fallimento dell'azione repressiva da parte dell'inquisitore Heinrich Kramer che - servendosi della bolla Summis desiderantes affectibus(Innocenzo  VIII 1484, con cui si equiparavano le streghe agli eretici - si recò a Innsbruck (1485) per "scoprire  ed  estirpare  la  stregoneria  in  quella  zona" , l'autrice evidenzia due elementi. Innanzi tutto la disomogeneità della lotta alla stregoneria in Europa: "Mentre  nella  maggior  parte  degli Stati  tedeschi  la  massima  intensità  della  persecuzione  si  è  verificata tra  il  1560  e  il  1630,  nei  Paesi  austriaci essa  è  stata  raggiunta  intorno agli anni Ottanta del Seicento e in Ungheria nella prima metà del Settecento", p.107). In secondo luogo che "alla fine del Quattrocento la repressione delle pratiche magiche non  suscitava  eccessiva  preoccupazione  o  specifiche  misure”, proprio perché quel tipo di reato era ormai compreso nella categoria della eresia.

L'episodio di cui sopra, oggetto di diverse interpretazioni storiografiche, si collega alla redazione di un trattato del 1489 (De lamiis et phytonicis mulieribus, di Ulrich Molitor) sui poteri delle streghe, che erano comparse negli  anni  precedenti  nel  principato,  creando  perplessità  e  opinioni diverse tra i consiglieri. L’opera affermava che, "anche  in  assenza  di  effettivi  danni,  le  persone  che  si  votavano  a  Satana  erano  gravemente colpevoli di allontanarsi dalla fede cristiana e per questa abiura meritavano  la  morte  secondo  il  diritto  secolare" (p. 110). Successiva frase tolta

Una svolta avvenne con la Constitutio Criminalis Carolina del 1532, la  prima  normativa  penale  comune  a  tutti  i territori  dell’Impero; in essa alcuni articoli nominavano espressamente la stregoneria, altri punivano azioni che si ritenevano ad essa vicine. Solo con l'epoca moderna si tornò ad esprimere scetticismo verso il fenomeno stregoneria (Godelmann, 1591). Un ruolo importante lo ebbe il giusnaturalismo. Tale processo culminò, in pieno illuminismo nella  Constitutio criminalis Theresiana  del  1768  che  sostituì  la  Carolina: senza negare sul piano teorico il delitto di stregoneria, iniziativa che avrebbe creato sconcerto e opposizioni nel popolo e nel clero,  tali disposizioni  di  fatto  eliminavano  con  abilità  e  accortezza  i suoi  fondamenti  giuridici  decretandone  la  scomparsa  e  la  fine  della caccia. ll crimen magiae  non  fu  più  previsto  nel  codice  penale  di  Giuseppe  II  del 1787.

Gli ultimi due interventi sono dedicati al rapporto tra la magia e la scienza moderna, due universi epistemologici che si intrecciano in modalità non lineari.

G. Gandolfi (L’astrologia rinascimentale tra scienza, magia naturale e divinazione, p.141-158) propone un percorso attraverso l'analisi di dipinti e affreschi di rappresentazioni astrali presenti in Italia. L’astrologia è vista "come modello unificatorio largamente condiviso e flessibile abbastanza da rappresentare al tempo stesso il mondo naturale e un ponte verso il mondo spirituale per quasi ogni fede, ogni filosofia morale ed ogni metafisica (p.141). Questa  unificazione - inglobando la  religione  e  l’etica  oltre  che  la  filosofia  naturale - prometteva una coerenza complessiva più ampia di quella delineata dalle teorie matematiche.

A. Martocchia e V.F. Polcaro (Gli astronomi e le streghe. Trasformazione della società, mutamenti nella cultura e nella scienza e “caccia alle streghe”, pp. 159-181) indagano l’atteggiamento che i principali protagonisti  del  pensiero  scientifico tennero verso la magia. Questa sopravvivrà a lungo nella  cultura  dei  nuovi  intellettuali  scientifici prima  di essere espunta dall’Illuminismo. Molti scienziati  furono astrologi,  alchimisti  e  maghi; tra  questi  lo  stesso  Isaac  Newton, "che  nella  sua  vita  dedicò  più  tempo  all’Alchimia  ed  alla  ricerca  delle “pietra  filosofale”  di  quanta  ne  dedicò  alla  Fisica” (p.181). Di particolare interesse, anche per le sue implicazioni concettuali, la vicenda biografica di Keplero che si trovò a difendere la propria madre dall'accusa di stregoneria.