CAMBIAMENTI SOCIALI E CULTURALI E “CACCIA ALLE STREGHE”
Alessandra Ciattini (a cura di), Dalla magia alla stregoneria. Cambiamenti sociali e culturali e la caccia alle streghe, Napoli, La Città del Sole, 2019
Recensione di Nicoletta Capotosti
Si coglie in questa ricca raccolta di saggi l'ambizione di produrre uno sguardo ampio sul tema delle credenze e in particolare sui fenomeni della magia e della stregoneria.
Gli interventi spaziano dal contesto culturale dell'Europa rinascimentale, all'interno del quale l'astrologia e l'alchimia hanno svolto un ruolo centrale per la nascita della scienza moderna, fino all'analisi di normative appartenenti alla legislazione coloniale inglese, adottate e applicate nei casi di stregoneria.
I diversi autori possono così fornire risposte a quesiti anche disparati: quali siano i processi mentali sottesi al pensiero magico, come si sia modificato nel corso del tempo l'atteggiamento delle autorità censorie e quello di critici e interpreti, come la magia e la stregoneria siano presenti nelle credenze di contesti culturali diversi.
Ad introdurre i vari articoli è il saggio di A. Ciattini sulla credenza nel sovrannaturale (Riflessioni sulla persistenza della credenza nella dimensione sovrannaturale e sulle ragioni del suo abbandono ragioni della sua persistenza e su quelle del suo abbandono, pp. 27-48). Scopo dichiarato dello scritto è mostrare la natura interdisciplinare degli studi concernenti i sistemi di credenze. Il lavoro di Evans - Pritchard - riferimento irrinunciabile dell'antropologia novecentesca - lo è anche per altri ambiti di ricerca: sia Geoffrey E. R. Lloyd che Keith Thomas, ad esempio lo citano pur essendo i loro interessi indirizzati rispettivamente alla nascita dell'atteggiamento scientifico nell'antica Grecia e alle trasformazioni dei sistemi di credenze nel passaggio tra Medioevo e Rinascimento.
Ricorrendo in particolare a Evans-Prichard, Tylor e Durkheim, Ciattini tratta dunque le nozioni di stregoneria e di magia delineando uno sfondo per gli altri interventi. Le credenze, adottando strategie difensive, sono auto-confermative, quindi resistenti a modificarsi. A supporto di questa impostazione si pone la già citata teoria di Lloyd sulla nascita del pensiero scientifico in Grecia. Quest'ultimo non si sarebbe affatto sostituito alla mentalità magica né si sarebbe diffuso nella gran parte della società. Analoga l'impostazione di Thomas il quale, indagando il ruolo della magia in epoca post-rinascimentale, sostiene che fu «l’abbandono della magia che rese possibile il sorgere della tecnologia e non viceversa».
Di estremo interesse è il secondo intervento (A. Colajanni, La stregoneria africana e il diritto coloniale britannico, pp. 49-66), dove l'autore mostra quali siano stati gli sviluppi dell'intento applicativo già presente, seppure solo in forma di monito, nello scritto di Evans Pritchard risalente al 1937. Tale slancio richiamerebbe "la possibilità che le conoscenze specifiche degli antropologi possano esercitare una forte influenza (critica e operativa) nei confronti delle istituzioni della società civile coloniale" (p.51). In linea con un altro pregnante scritto dello stesso autore (Ricerca “pura” e ricerca “applicata”. Antropologia teoretica e antropologia applicativa. A un decennio dall’inizio del terzo millennio, «Dada rivista di antropologia post-globale», II 2014), nel quale si sostiene che l’antropologia - soprattutto internamente a programmi di sviluppo in contesti post-coloniali - dovrebbe accogliere la metodologia della ricerca-azione, viene sottolineata in queste pagine l’importanza della ricerca antropologica nella dimensione istituzionale.
Con lucidità e perizia, Colajanni analizza i lavori contenuti in un numero speciale della rivista Africa, edito nel 1935. Il confronto è tra antropologi e amministratori coloniali (esperti africanisti). Il dibattito - di cui l'autore ricostruisce le dinamiche - è definito chiaramente "mancato": quell'intento applicativo resterebbe cioè latente, non adeguatamente apprezzato dagli amministratori e forse sostenuto con poco vigore dagli stessi antropologi che pure ne avrebbero colto l'importanza.
Il monito che Evans-Pritchard aveva rivolto ad amministratori, missionari e medici occupati presso gli Azande - quello cioè di mostrare "prudenza e cautela, e di lasciare che siano gli africani a decidere tra il bene e il male, tra la moralità e la immoralità, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra l’attività criminosa e l’attività legale” - non ha avuto il giusto seguito.
La ragione dell'insuccesso sembra consistere nella mancanza di integrazione e convergenza tra l'approccio giuridico, più incline alla dimensione pragmatica, e quello antropologico, connotato in termini etnografici e quindi orientato a "cogliere il punto di vista degli africani” (p.56), ma di fatto poco avvezzo a lavorare sui problemi giuridici e giudiziari.
Il declino del modello analitico proposto da Evans-Pritchard ha visto fiorire altri interessanti spunti di analisi. Chiudono il saggio alcune considerazioni su studi di pregio dedicati all'analisi del fenomeno stregoneria nell'Africa post-coloniale.
I due successivi articoli sono dedicati alla ricostruzione storica della legislazione in materia di magia e stregoneria, nell'Europa medievale, rinascimentale e moderna.
Federico Martino (La spirale della storia. Giuristi e streghe tra medioevo ed Età Moderna, pp. 67-106) mette in luce, in un’accuratissima analisi dei documenti ufficiali, come - ancora in epoca recente - fosse irrisolta la questione del perché la caccia verso chi praticasse la stregoneria e la magia abbia assunto la massima virulenza nei secoli del Rinascimento, agli esordi, cioè, della scienza moderna. Le regole giuridiche elaborate nei secoli XIII-XIV e giudicate razionali dall'autore sono state abbandonate proprio quando la società occidentale si avviava verso un processo di laicizzazione e modernizzazione. L'ipotesi fatta da Martino è che "per spiegare ciò, bisogna guardare al Rinascimento come ad una cerniera tra Medio Evo ed Età Moderna, durante la quale molto del passato è entrato in crisi senza che il futuro appaia per intero." (p.103).
La modernizzazione rinascimentale sarebbe cioè una "modernizzazione senza Modernità, effetto di una rivoluzione passiva, in cui la forma sociale storicamente superata – e colpita da una crisi strutturale irreversibile – mantiene ancora potenzialità evolutive che le consentono di dirigere “dall’alto” la trasformazione in atto." (p.104)
Allo stesso periodo è dedicato l'articolo di M.R. De Simone (I giuristi e le streghe. Dalla Consitutio Criminalis Carolina alla Constitutio Criminalis Theresiana, pp.107 -140). Partendo dal fallimento dell'azione repressiva da parte dell'inquisitore Heinrich Kramer che - servendosi della bolla Summis desiderantes affectibus(Innocenzo VIII 1484, con cui si equiparavano le streghe agli eretici - si recò a Innsbruck (1485) per "scoprire ed estirpare la stregoneria in quella zona" , l'autrice evidenzia due elementi. Innanzi tutto la disomogeneità della lotta alla stregoneria in Europa: "Mentre nella maggior parte degli Stati tedeschi la massima intensità della persecuzione si è verificata tra il 1560 e il 1630, nei Paesi austriaci essa è stata raggiunta intorno agli anni Ottanta del Seicento e in Ungheria nella prima metà del Settecento", p.107). In secondo luogo che "alla fine del Quattrocento la repressione delle pratiche magiche non suscitava eccessiva preoccupazione o specifiche misure”, proprio perché quel tipo di reato era ormai compreso nella categoria della eresia.
L'episodio di cui sopra, oggetto di diverse interpretazioni storiografiche, si collega alla redazione di un trattato del 1489 (De lamiis et phytonicis mulieribus, di Ulrich Molitor) sui poteri delle streghe, che erano comparse negli anni precedenti nel principato, creando perplessità e opinioni diverse tra i consiglieri. L’opera affermava che, "anche in assenza di effettivi danni, le persone che si votavano a Satana erano gravemente colpevoli di allontanarsi dalla fede cristiana e per questa abiura meritavano la morte secondo il diritto secolare" (p. 110). Successiva frase tolta
Una svolta avvenne con la Constitutio Criminalis Carolina del 1532, la prima normativa penale comune a tutti i territori dell’Impero; in essa alcuni articoli nominavano espressamente la stregoneria, altri punivano azioni che si ritenevano ad essa vicine. Solo con l'epoca moderna si tornò ad esprimere scetticismo verso il fenomeno stregoneria (Godelmann, 1591). Un ruolo importante lo ebbe il giusnaturalismo. Tale processo culminò, in pieno illuminismo nella Constitutio criminalis Theresiana del 1768 che sostituì la Carolina: senza negare sul piano teorico il delitto di stregoneria, iniziativa che avrebbe creato sconcerto e opposizioni nel popolo e nel clero, tali disposizioni di fatto eliminavano con abilità e accortezza i suoi fondamenti giuridici decretandone la scomparsa e la fine della caccia. ll crimen magiae non fu più previsto nel codice penale di Giuseppe II del 1787.
Gli ultimi due interventi sono dedicati al rapporto tra la magia e la scienza moderna, due universi epistemologici che si intrecciano in modalità non lineari.
G. Gandolfi (L’astrologia rinascimentale tra scienza, magia naturale e divinazione, p.141-158) propone un percorso attraverso l'analisi di dipinti e affreschi di rappresentazioni astrali presenti in Italia. L’astrologia è vista "come modello unificatorio largamente condiviso e flessibile abbastanza da rappresentare al tempo stesso il mondo naturale e un ponte verso il mondo spirituale per quasi ogni fede, ogni filosofia morale ed ogni metafisica (p.141). Questa unificazione - inglobando la religione e l’etica oltre che la filosofia naturale - prometteva una coerenza complessiva più ampia di quella delineata dalle teorie matematiche.
A. Martocchia e V.F. Polcaro (Gli astronomi e le streghe. Trasformazione della società, mutamenti nella cultura e nella scienza e “caccia alle streghe”, pp. 159-181) indagano l’atteggiamento che i principali protagonisti del pensiero scientifico tennero verso la magia. Questa sopravvivrà a lungo nella cultura dei nuovi intellettuali scientifici prima di essere espunta dall’Illuminismo. Molti scienziati furono astrologi, alchimisti e maghi; tra questi lo stesso Isaac Newton, "che nella sua vita dedicò più tempo all’Alchimia ed alla ricerca delle “pietra filosofale” di quanta ne dedicò alla Fisica” (p.181). Di particolare interesse, anche per le sue implicazioni concettuali, la vicenda biografica di Keplero che si trovò a difendere la propria madre dall'accusa di stregoneria.